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Amori volatili

«Ciascuno si fa saggio per via d’altri: così fu in antico e così 
sempre. E non è semplice affatto scovare le porte di parole 
mai dette» (Bacchilide, Peani, fr. 5 Snell-Maehler)

 

Intorno alla metà del I secolo a. C. un passerotto si è posato sulla scena della poesia d’amore e da allora non è più volato via: è il passero tanto caro a Lesbia, la donna di Catullo (e forse da lui stesso donatole come pegno d’amore), del quale il poeta tesse gli elogi nei carmi 2 e 3, dapprima osservandolo giocare con la fanciulla e poi celebrandolo dopo la sua morte. Qualche decennio più tardi (20 a.C. circa), Ovidio recupera con un certo gusto parodico lo stesso tema, in occasione della morte di un altro uccellino da compagnia, questa volta dell’amata Corinna. Ben più esotico del suo predecessore catulliano, dalle penne smeraldo e dal becco di croco, quello di Ovidio non è più un semplice passero bensì un pappagallo, ovvero un’ ‘imitatrix ales’ (uccello imitatore) poiché, come ogni pappagallo, la sua caratteristica è quella di imitare la voce umana. Ascoltando con attenzione, però, ci accorgiamo che esso in fondo imita una voce umana ben precisa: quella della poesia di Catullo; e dunque la sua ‘imitatio’ sarà duplice, insieme naturale e intertestuale, letterale e metaletteraria. Ma a questo punto si pone una domanda: il richiamo al suo illustre predecessore è solo una scelta deliberata o anche un obbligo per questo pappagallo? Vale a dire: affermatasi nei secoli l’importanza del passerotto di Lesbia, quale uccellino che vorrà ancora volare nei cieli della poesia erotica potrà sfuggire al complesso di sentirsi un pappagallo, ovvero – suo malgrado – un ‘imitator’?

FV

 

CATULLO, Carm. III, 1-5

Lugete, o Veneres Cupidinesque
Et quantum est hominum venustiorum. 
Passer mortuus est meae puellae, 
Passer, deliciae meae puellae,
Quem plus illa oculis suis amabat

Piangete, o Veneri e Cupidi,
e quanti sono gli uomini aggraziati:
il passero della mia fanciulla è morto, 
il passero, la delizia della mia ragazza, 
ch’ella amava più degli occhi suoi

 

OVIDIO, Amores II, 6, 1-6 (trad. it. L. Canali)

Psittacus, Eois imitatrix ales ab Indis, 
Occidit; exsequias ite frequenter, aves.
Ite, piae volucres, et plangite pectora pinnis 
Et rigido teneras ungue notate genas; 
Horrida pro maestis lanietur pluma capillis, 
Pro longa resonent carmina vestra tuba.

Il pappagallo, l’uccello imitatore giunto dall’eòa India, 
è morto; andate a stormi alle esequie, o alati.
Andate, pii volatili, e percuotetevi il petto con le ali,
e graffiatevi le tenere guance con le unghie aguzze; 
invece di capelli strappatevi mesti le irte piume, 
invece della lunga tromba risuonino i vostri canti.

 

Dynamis – Il luogo del pensiero è un progetto culturale che nasce a Torino nel 2016 su iniziativa di un gruppo di giovani studiosi, uniti dalla fiducia nella cultura e nel pensiero come efficaci strumenti di lettura della contemporaneità.