<<Noi siamo di una razza particolare: siamo di quelli che vogliono un mondo diverso>>.
È con queste parole che Roberto Vecchioni ha introdotto la propria riflessione sull’ultimo suo lavoro, L’Infinito, nel corso del concerto tenutosi al Teatro Colosseo di Torino poche settimane fa.
Un lavoro che, oltre a voler essere una summa del proprio pensiero, vuole rappresentare un omaggio a Giacomo Leopardi, del quale ricorrono i 200 anni dalla composizione della sua più celebre poesia.
Il disco del professore lombardo vuole ripercorrere le diverse dimensioni individuali della persona, quelle che da sempre il cantautore esplora: il sogno, la libertà, il desiderio di un mondo migliore.
In una parola: la vita.
La vita descritta attraverso tante vite, quelle vissute da altri e quelle vissute personalmente.
Ed è in questo intarsio di narrazioni poetiche in musica che trovano spazio la nostalgia del passato, dei ricordi familiari e degli anni di militanza politica nel movimento studentesco.
Oltre a tutto questo, il desiderio di riscatto e la resilienza, quell’abilità a non arrendersi mai di fronte ai drammi ed a trasformare gli episodi negativi della vita in occasioni di riscatto, come testimonia l’omaggio al pilota Alex Zanardi, cantato in duetto con Francesco Guccini, dal titolo Ti Insegnerò A Volare.
Il desiderio di cambiare il mondo viene narrato in altre due canzoni, rispettivamente Giulio e Cappuccio Rosso.
Nella prima, la vicenda tragica della morte di Giulio Regeni viene sublimata nel racconto della madre, che immagina il figlio ancora bambino nella propria stanza, a dormire tenendo tra le braccia i propri giocattoli e, nel cuore, tutti i sogni del mondo. La canzone si lega, idealmente, a Celia De La Serna, risalente al 1997, con la quale il cantautore descriveva la nostalgia dell’anziana madre di Ernesto Guevara, il Che, combattuta immaginando il figlio di ritorno a casa, illudendosi di rivederlo ancora, pur consapevole che dal proprio impegno rivoluzionario non avrebbe mai fatto ritorno.
Il secondo brano, invece, è dedicato alla giovane Ayse Deniz, la combattente curda uccisa nel corso della guerra contro l’ISIS, e vuole essere testimonianza di come il desiderio di un mondo più giusto, quando vissuto con la più radicale coerenza, può condurre anche all’estremo sacrificio di sé, in nome e per amore di una libertà più grande di quella personale. Un messaggio che può sembrare a tratti retorico solo perdendo la memoria della guerra di Liberazione dal nazifascismo, che ha coinvolto molti nostri anche giovani connazionali che, poco più di settant’anni fa, fecero la stessa scelta di campo.
Infine, L’Infinito, la traccia eponima dell’album.
In essa Vecchioni immagina un dialogo tra Giacomo Leopardi e l’amico Totonno, nel quale – ancora una volta, per fortuna – il poeta recanatese viene riscattato – nella fictio poetica, è Leopardi stesso a farlo – dalle accuse di pessimismo troppo superficialmente imputategli.
Tramite la parole del cantautore, il poeta riscatta il proprio dolore mediante l’amore per la vita, quello stesso amore che lo ha spinto, nella propria ricerca, oltre i confini della finitudine.
Amore e vita: forse sono proprio queste le componenti essenziali per smettere di esistere ed iniziare a procedere nel proprio viaggio nel mondo con maggiore consapevolezza.
Ancora una volta la poesia, questa volta condita con la musica, ci richiama a questa verità.