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Falli-menti postomerici

«Ciascuno si fa saggio per via d’altri: così fu in antico e così 
sempre. E non è semplice affatto scovare le porte di parole mai dette» 
(Bacchilide, Peani, fr. 5 Snell-Maehler)

 

L’apostrofe al proprio cuore è un topos caratteristico dell’epica e della lirica greca arcaica. Ne abbiamo numerose attestazioni in Omero (che attribuisce simili monologhi ad Achille, Odisseo e a tanti altri celebri eroi nell’incombenza della battaglia) e ce ne viene offerto un altro esempio molto noto dal poeta lirico Archiloco che si rivolge al proprio cuore affranto per ravvivarne il coraggio e riaccenderne la passione. Ma veramente curioso è vedere questo stesso modulo poetico applicato ad uno strano appello, di un ben diverso eroe con un ben diverso interlocutore: si tratta di Encolpio, l’antieroe protagonista di quel sistematico rovesciamento di ogni sublime che è il ‘Satyricon’ di Petronio, il quale in seguito ad un’imbarazzante défaillance sessuale si rivolge con l’ira funesta di un Achille alla propria ‘mentula’, ovvero al proprio membro.
Come se non fosse sufficiente schiantare l’epica e il canto lirico sul piano greve di un colloquio coi propri genitali, ancor più interessante, e osceno, e sconcertante (e, se vogliamo, intollerabile!) è vedere riferiti alla stessa ‘mentula’ i versi che Virgilio aveva dedicato a Didone nell’Ade (Aen. VI) che, sdegnosa come solo un’amante offesa può essere, rifiutava ad Enea il privilegio di uno sguardo. Ma, poiché lo stesso Virgilio paragonava nel verso successivo la severità della donna alla durezza di una roccia, l’attenzione di Petronio-Encolpio doveva subito spostarsi su un’altra similitudine, più pertinente con la mollezza di un membro che rifugge il proprio compito: ecco allora che l’autore cuce ad Aen. VI un verso di Aen. IX che descrive la morte in battaglia del giovane eroe Eurialo paragonandolo a un papavero che china il capo oppresso dalla pioggia. Sulla scena vuota del mito, ormai priva di aedi ed eroi, anche la poesia si fa gioco d’accatto, e il sublime della gloria in battaglia e di un cuore ferito si trasfigura nel mondo basso-corporeo del carnevale.

FV

 

Petronio, Satyricon, 132 (trad. it. A. Aragosti)

Drizzatomi dunque su un braccio, incalzai duramente il contumace pronunciando, 
all’incirca, queste parole: «Che dici a tua discolpa, obbrobrio degli uomini tutti e degli dèi? Difatti è sacrilego persino il nominarti quando si parla di argomenti seri. […] Ti scongiuro, 
rilasciami un’attestazione anche minima della tua esistenza». Come io ebbi terminato 
questo sfogo rabbioso,
ella, la testa girata, teneva gli occhi fissi a terra, né il suo volto tradiva un impulso, dacché il discorso avevo cominciato, più di quanto accada a un flessibile salice o a un papavero dal morbido stelo.

 

verso formulare di Omero

ὀχθήσας δ’ἂρα εἶπε πρὸς ὅν μεγαλήτορα θυμόν …

diceva irato al suo cuore magnanimo…

 

Virgilio, Aen. VI, 469-471 (trad. it. di L. Canali)

Ella, rivolta altrove, teneva gli occhi fissi

al suolo, e il volto immobile all’intrapreso discorso,

più che se fosse dura selce o roccia marpesia.

 

Virgilio, Aen. IX, 435-437 (trad. it. di L. Canali)

come un fiore purpureo quando, reciso dall’aratro,

languisce morendo, o come i papaveri che chinano il capo

sul collo stanco, quando la pioggia li opprime.

 

Dynamis – Il luogo del pensiero è un progetto culturale che nasce a Torino nel 2016 su iniziativa di un gruppo di giovani studiosi, uniti dalla fiducia nella cultura e nel pensiero come efficaci strumenti di lettura della contemporaneità.