Il cinema francese non è solo intimista, non è nato con la Nouvelle Vague e non è assolutamente vacuo e noioso. Basterebbe vedere questo thriller psicologico che prende ispirazione dal genere gotico e dall’hard-boiled d’oltreoceano e lo reinterpreta con una sensibilità psicologica di stampo europeo. E ci aggiunge una dose altissima di tensione, non per gli standard di 60 anni fa, ma proprio per gli standard moderni, un’abilità questa di Clouzot che lo mette sullo stesso piano di un gigante come Hitchcock. Questo paragone a proposito non è campato per aria: pare che i diritti per il romanzo da cui è tratto il film, scritto da Pierre Boileau e Thomas Narcejac, siano stati persi dal maestro del brivido inglese che arrivò solo qualche ora più tardi del meno conosciuto Clouzot, reduce dal classico del cinema d’avventura “Vite Vendute” (1953). Hitchock comprò alla fine i diritti di un’altro romanzo degli stessi scrittori, da cui trasse “La donna che visse due volte” (1958).
Le premesse dunque sono molto promettenti; ma di cosa tratta il film? E’ la storia di una coppia che dirige un collegio per ragazzi nella provincia francese, lui (Paul Meurisse, straordinario) tirannico, oppressivo con i suoi alunni e violento con la moglie fino a essere sadico, lei invece (Vera Clouzot, la moglie del regista nella vita reale), fragile e malata, pur essendo la proprietaria della struttura. Una insegnante, amante dell’uomo nonchè anima nera del film, interpretata in maniera glaciale dalla diva francese Simone Signoret, stufa delle angherie di lui si allea con la moglie per attirarlo in una trappola, affogarlo in una vasca da bagno e poi buttare il corpo nella piscina del collegio. Questo non è uno spoiler, ma solo la premessa del film, perchè da lì nel collegio iniziano ad accadere cose inquietanti e paranormali; che sia il fantasma dell’uomo che si vuole vendicare?
Vera anima del film è il triangolo creato tra questi tre personaggi, uno dei quali non presente in scena per quasi tutto il film, ma che aleggia come un fantasma, vero o presunto che sia. Altrettanto trainante è l’ambiguità della relazione tra la Signoret e la Clouzot, prorompente e aggressiva la prima, debole e malaticcia la seconda.
Ci sono tantissime idee che tengono insieme questo film, come la malattia cardiaca della protagonista, vera e propria spada di Damocle sul film: come noi spettatori, riuscirà a non morire di crepacuore prima che il mistero sia svelato? Molto all’avanguardia la scelta narrativa di rivelare tramite una fotografia la presenza di una forza soprannaturale, idea ripresa fino alla nausea in tanti film successivi, così come quella di affidare ai ragazzini del collegio gli avvistamenti impossibili di chi dovrebbe essere morto e sepolto.
Per ultimo l’elemento più memorabile della visione, l’uso dell’acqua come richiamo al tema diabolico del film, con una sequenza di puro terrore in una vasca da bagno da cui Hitchock, sempre lui, prenderà a piene mani per girare la famosa scena della doccia in Psycho.
“Un quadro è sempre morale quando è tragico e quando riflette l’orrore che ritrae.” Barbey D’Aurevilly
-EV-