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Il filo nascosto (2017) – Paul Thomas Anderson

 

Daniel Day Lewis, nella sua ultima interpretazione prima di abbandonare le scene, interpreta, o meglio, è Reynold Woodcock, stilista di haute couture per l’aristocrazia nella Londra del dopoguerra. Un personaggio misterioso e geniale, a cui Lewis dà un aspetto sinuoso e una grande abbondanza di ossessioni e manie, e attorno al quale Paul Thomas Anderson costruisce il suo primo film non ambientato in California; attraverso uno stile neoclassico e una scrittura eterea il regista di Magnolia e Il Petroliere sceglie di raccontare una storia di arte e di creazione, di ossessione per la bellezza e la perfezione, di rapporti di potere e di sottomissione, di amore e di famiglia. Un film romantico con un forte elemento gotico (una relazione tossica e distruttiva in stile Emily Bronte) che è in fondo un film di fantasmi ( il titolo originale è Phantom Thread, il filo fantasma) come un racconto del migliore Henry James.

Woodcock vive e lavora in una dimora/atelier dove, in uno splendido isolamento, produce i suoi capolavori attorniato da una coorte di donne che fanno di tutto per venire incontro al suo perfezionismo, coordinate da sua sorella Cyrill (Lesley Manville) il cui compito è quello di proteggere la metodica routine di questo artista e coccolarlo come un bambino viziato, oltre occasionalmente a disfarsi delle tante muse che frequentano la casa dopo che questi si è stufato di loro. Infatti egli è convinto di avere addosso la maledizione di non poter amare, perchè aveva cucito il vestito di seconde nozze per sua madre; ed è chiaro che il fantasma che aleggia sul film è proprio quello della madre morta, il cui ricordo è tenuto vivo da una ciocca di capelli cucita nella sua giacca. Poi però Woodcock incontra Alma (l’esordiente Vicki Krieps) una cameriera immigrata tedesca di grande bellezza a cui inizia a fare da Pigmalione, esaltandola con vestiti stupendi. Contro ogni previsione Alma riesce a resistere a questa specie di orco vestito da gentleman, addirittura invertendo i ruoli di potere; in fondo al grande artista piace essere inerme e indifeso come un bambino coccolato dalla madre. La scena finale, che non rivelo, è conturbante e affronta i rapporti di coppia in una prospettiva decisamente originale, per cui consiglio ai lettori di visionare il film e addentrarsi nella torbidità dei rapporti umani, magari vedendosi anche riflesso.

Sembrerà incredibile ma uno dei punti di forza del film è il suo umorismo inglese asciuttissimo e perfido, in particolare attraverso le battute di Lesley Manville, la sorella zitella e manipolatrice, e con la scena di colazione più bella della storia del cinema, in cui il rumore di un toast imburrato dà grande noia al nostro protagonista. Inutile poi parlare dei costumi del film, che ovviamente sono un punto di forza, assieme alla colonna sonora dissonante di Jonny Grenwood, adagiata sul film creando un ulteriore strato di profondità. E più di tutto la capacità di Paul Thomas Anderson di dirigere un film che si sviluppa in una maniera così anacronistica da farlo sembrare di un’altra epoca. E, forse proprio per questo, senza tempo.

-EV-

 

Dynamis – Il luogo del pensiero è un progetto culturale che nasce a Torino nel 2016 su iniziativa di un gruppo di giovani studiosi, uniti dalla fiducia nella cultura e nel pensiero come efficaci strumenti di lettura della contemporaneità.